Giovanni Viceconte, Devis Venturelli, in Flash Art n. 310 May/June 2013

 

Giovanni Viceconte: Come nasce il tuo interesse per il mezzo video?

Devis Venturelli: Dopo gli studi in Architettura e una residenza allo ZKM, ho approfondito il linguaggio video in quanto possibilità di documentare visioni effimere in cui lo spazio è protagonista. 

G.V. Nel tuo lavoro il contesto urbano diventa spesso scenario d’azione, penso ai video: Eterotopia (2012), Apolidea  (2011) e Superfici fonetiche (2009), dove l’utilizzo di tessuti e materiali isolanti diventano estensioni precarie incontrollabili, che danno impulso a nuove energie e riorganizzano un nuovo paesaggio. In che modo questi elementi si formano e si differenziano con il contesto urbano e con il tessuto culturale in cui s’inseriscono?

D.V.  La dimensione urbana è set inconsapevole della sperimentazione filmica. In Eterotopia vortici aero-plastici inquadrano vedute suburbane. In Apolidea un accampamento nomade si deposita su un’architettura perenne e statica. Nei non luoghi di Superfici fonetiche fasce metalliche simulano rendering  3D nella realtà. L’alterità tra fluidità tissurale e rigidità costruita delinea palinsesti in cui la visione sconfina nell’utopia.

G.V. In Loop (2009) e in Continuum (2008),intervieni fisicamente all’azione performativa. Attraverso questo gesto “rituale”, che tipo di legame hai voluto stabilire con i materiali dei quali ti sei servito  e con la città?

D.V.  Il movimento del corpo umano struttura la messa in forma della materia. La performance avviene in cantieri urbani e si caratterizza per la sovversione dell’uso consueto di materiali isolanti per l’edilizia. In Loop il lento respiro interno della forma argentea si traduce in design che prende vita, mentre le incontrollabili superfici oro di Continuum non contengono il loro impulso a divenire sculture cinetiche in una promenade architecturale.

G.V. Tessuti e capi d’abbigliamento dai colori squillanti e preziosi costituiscono parte fondamentale del tuo lavoro. Quanto è importante la scelta di questi materiali per la metamorfosi dell’aura simbolica degli oggetti utilizzati nei lavori Monumento (2010) e Cassonetto (2008)? 

D.V.  Il rapporto tra materiale e oggetto determina un display che provoca uno slittamento del processo semantico a favore di una sua reinvenzione. Nel video Monumento,  il TIR velato di paillettes rosse diviene miraggio illusorio. In Cassonetto, un set di pellicce vintage trasforma l’arredo urbano in un sarcofago di lusso. 

G.V.  Anche nel tuo ultimo video Sporting Club (2013),crei un dialogo inconsueto tra patrimonio storico-artistico-architettonico e oggetti sportivi, simboli di riti relazionali collettivi e contemporanei. Come nasce questo lavoro e quali saranno i suoi sviluppi?

D.V.  Oggi mi sto orientando su una progettualità che indaga architettura e spazio in senso lato. Il video Sporting Club fa parte di un progetto sull’istorismo come veicolo di stereotipi estetici da cui affrancarsi criticamente. Riflettendo sul tema della reversibilità dell’architettura, gli affreschi di una dimora storica diventano prosaicamente wallpaper per un’infrastruttura sportiva. Destituita la sacralità del passato, nuove forme relazionali evidenziano che la funzione è innata nell’idea di spazio senza possibilità di annullamento.

G.V.  Prossimi progetti? 

D.V.  I nuovi progetti proporranno una dimensione inedita del mio lavoro come espansione del linguaggio video, confrontandomi con formati artistici differenti. I prossimi eventi espositivi  sono in programma a Milano, a Madrid presso la Casa Encendida e a Vienna presso la Kunsthaus.