Fabio Carnaghi, Luciano Berio e Devis Venturelli. About the assonance, REF 2013, Fondazione Romaeuropa, Roma 2013

 

La musica elettroacustica di Luciano Berio e la videoarte di Devis Venturelli hanno molto in comune. Il suono vocale e quello rielaborato elettronicamente sembrano trovare un doppio analogo nei contrasti performativi della città, tra architettura e apparizioni inaspettate. In my end is my music, progetto prodotto da Fondazione Romaeuropa in collaborazione con Tempo Reale, ripropone la musica di Luciano Berio attraverso lo sguardo visionario di Devis Venturelli. La performance documentata come un fenomeno fugace è prerogativa dei video di Venturelli, quasi improvvisazioni dal tratto  sperimentale, ancora capaci nell'era digitale di risvegliare la tensione per la ricerca di una poetica nel reale, aggiornata a nuove tecnologie visuali. Questo atteggiamento trova una connessione fondamentale nell'interesse verso le potenzialità cinetiche in una sorta di dinamica rispettivamente del suono per Berio e dell'immagine per Venturelli. I sei video realizzati per il Romaeuropa Festival 2013 tracciano un percorso che immagina la musica di Luciano Berio, attraverso poetiche fughe nella città di vetro e cemento, in parate scintillanti di copricapi da Tutti Frutti Lady, nel senso  inquietante del primitivismo animale fino all'epopea di oggetti pensanti. Tutto appare al confine tra suoni, silenzi e la voce sirenica di Cathy Berberian.

Fabio Carnaghi C'è una sensazione di assonanza naturale con Berio nel progetto videoartistico per In my end is my music. Le ambientazioni consuete dei tuoi video si adeguano ad ogni modulazione sonora, da quella più ariosa a quella più terrigna. Si potrebbe quasi pensare che la ricerca di Luciano Berio e il tuo immaginario si siano finalmente incontrati.

Devis Venturelli Sì è proprio così, c'è stata da subito un'associazione spontanea tra la musica di Berio e una voce proveniente dall'intimo delle forme che animano il mio lavoro. La mia ricerca sullo spazio architettonico, la cui ennesima dimensione è descritta dalla forma libera e priva di schemi precostituiti, si è arricchita di una sonorizzazione complementare alla vicenda performativa. Le pieghe, i drappeggi, le lingue caleidoscopiche o metalliche rivelano la loro natura di generatori sonori, nella sincronica corrispondenza tra composizione acustica e libere improvvisazioni coreografiche. Le taglienti sculture futuristiche di Thema associano la loro spontanea aerodinamica al soffio sonoro, in Perspective è invece la luce ad assecondare la suggestione elettronica, facendo brillare design compositi di paillettes, così come in Visage corpi organici, viscerali e dall'istintualità preistorica danno vita ad una sorta di teatro danza della voce. Tutto questo mondo concettuale  che da sempre anima il mio lavoro si è tradotto in una particolare stratificazione narrativa, quasi che tutto il mio repertorio visionario sia migrato a popolare un universo del suono, dove si trova a suo particolare agio.

FC Quindi possiamo dedurre che a partire dalla tua progettualità sul travestimento dell'arredo urbano, a  Continuum e Superfici fonetiche, fino agli ultimi lavori sulla città come Eterotopia o Bon Ton Town, ritorni la performance nello spazio attraverso i material symbol prestati dal grande bacino semantico della moda piuttosto che dell'antropologia culturale contemporanea.

DV Sicuramente la mia attrazione verso il glamour della moda o per il luxury revamping di materiali prestati dal mondo dell'edilizia ha interagito con l'interpretazione dell'opera di Luciano Berio, con cui – come giustamente tu suggerivi – mi lega una connotazione cinetica della dimensione artistica. Il sesto senso del movimento mi ha ispirato assonanze con le composizioni di Berio. Ed ecco la mia versione di Visage che ha sottolineato il carattere imperscrutabile dell'onomatopeica del linguaggio, attraverso camouflage naturali di origine animale di diversa forma e colore, che trascendono l’idea di abito, per esplicitare una forma viscerale ed ancestrale del corpo. In questo caso ho creato costumi per i performer utilizzando pelli di recupero, pellicce vintage, piume ornamentali. La ripresa da Continuum e Superfici Fonetiche di materiali isolanti per l'edilizia mi ha dato lo spunto per sfruttare il bagliore argenteo del miraggio e della seduzione suadente di un materiale che si avvolge librandosi nell'aria, proprio come un flusso di coscienza che ricorda Joyce a cui Thema è dedicato. Per Moments invece mi ha suggestionato molto l'idea di destrutturare l'abito, agendo sull'idea antropologica di corpo nella società contemporanea. L'abito, che si connota per convenzione e apparenza estetica, viene compromesso nella sua funzione primaria e di apparizione sociale. Il suono elettroacustico delle sequenze di Berio innesca un effetto domino che deforma totalmente i capi del guardaroba, esorcizzando la dimensione fisica del corpo umano. Le cinture si elettrificano in danze tribali, le cravatte strisciano in formazioni compatte, i cappelli e i guanti piroettano, le scarpe precipitano e infine grigi completi maschili si trasformano nel divertissement di una folle fontana barocca.

FC La dimensione creativa e generativa della forma, che diventa espressione del suono attraverso il suo movimento imprevedibile, fa subito pensare al concetto di estasi urbana, vero e proprio fondamento nella tua ricerca artistica. Anche in questo progetto l'architettura è il termine di confronto, lo scenario in cui la performance temporanea e nomade si svolge e in questo caso risuona. 

DV Sì, l'architettura continua ad essere il mio riferimento ricorrente, in quanto struttura normativa, intransigente, rigida, definitiva. Anche nel confrontarmi con le composizioni di Luciano Berio mi sono interrogato su questa relazione ed ho cercato di ripensare i temi dell'architettura immaginandoli come amplificatori del contrasto tra forma sonora libera e schemi razionali di controllo. Chants parallèles è indicativo di questo dualismo. Non luoghi urbani e infrastrutturali sono contaminati da strisce cromatiche che fungono da filtri destrutturanti nella rappresentazione delle frequenze sonore che alterano l'atmosfera straniante dello spazio. La walking city invece riappare in Thema, assumendo il carattere di una grande quinta teatrale in cui la voce riecheggia e si propaga. Infine, Perspective è un vero e proprio archivio edificatorio in cui il progetto si staglia inflessibile e inesorabile in una citazione che individua uno skyline ininterrotto tra l'architettura del boom economico e i più contemporanei masterplan urbani.

FC In definitiva quel Ritratto di città che Berio insieme a Bruno Maderna sperimentò per una rappresentazione radiofonica negli anni Cinquanta ha ragione d'essere per assimilazione con il suono elettronico, che il mondo urbano evoca, come del resto la tua produzione artistica. Ma accanto alla consonanza con il mondo musicale di Luciano Berio, inaspettatamente si scopre un'incursione nella natura e verso nuovi spunti progettuali.

DV È stato molto impegnativo e sorprendente avvicinarmi alla conoscenza di Berio e in particolare interpretare a-ronne è stato stimolante, quasi un microprogetto filmico nel progetto. La polifonia di a-ronne mi ha permesso di sperimentare nuove forme di linguaggio esplorando un tema interessante come quello del paesaggio e della natura. In a-ronne, Berio si interroga se l’articolazione vocale sia significato. In quest’opera il variegato uso della voce, a partire da una lettera fino al canto, rinvia a un'intercambiabilità tra polisemia e polifonia. Berio stesso lo definisce documentario su una poesia di Edoardo Sanguineti che interseca citazioni dal Vangelo, Eliott, Dante, Marx e dove il testo diviene generatore di situazioni vocali plurime, riletto ciclicamente secondo grammatiche sonore differenti. Assecondando questa struttura della composizione, ho pensato di fare ricorso ad un repertorio oggettuale in ambienti della biodiversità. Il mio a-ronne è un grande viaggio in multiformi paesaggi naturali, scelti per la loro intrinseca specificità selvaggia, dalle Alpi al mare. Nel contesto naturalistico e ambientale si sovrappongono altrettanti paesaggi di oggetti presi dalla quotidianità, che esprimono un pensiero, una relazione tra loro, nonostante nel reale afferiscano a semantiche incongruenti. La voce in questo caso è diventata unificante e vitale per ognuno di questi elementi che, artificiali come le parole recitate, si depositano e sedimentano nella natura più spontanea, in un processo di risemantizzazione della realtà. Questo lavoro ha aperto nuove prospettive di indagine che sarà per me necessario approfondire e sviluppare in un prossimo progetto.

 

 

Luciano Berio’s electro-acoustic music and Devis Venturelli’s video-art have much in common. Vocal and electronically reprocessed sounds seem to find a similar double in the city’s performative contrasts, something in between architecture and unexpected appearances. In my end is my music is a project produced by Fondazione Romaeuropa, in collaboration with Tempo Reale. It presents Luciano Berio’s music through Devis Venturelli’s visionary eyes. Performances, documented as a fleeting phenomenon, are the prerogative of Venturelli’s videos. They are almost experimental improvisations able, in the digital age, to find poetics in real life, even if updated with new visual technologies. This attitude finds its main connection in the interest in kinetics potentialities, in a sort of dynamic concerning sounds, for Berio, and images, for Venturelli. The six videos created for Romaeuropa Festival 2013 draw a path imagining Luciano Berio’s music through poetic escapes in the city, full of glass and cement, in sparkling parades of Tutti Frutti Lady hats, in the uncanny sense of animal primitivism up until the epic of thinking objects. Everything stands among sounds, silence and Cathy Berberian’s mermaid voice.

Fabio Carnaghi: There is a feeling of natural similarity with Berio, in the video-artistic project In my end is my music. The usual settings of your videos adapt to any modulation of the sound, from the more airy to the more earthy ones. One could almost think that Luciano Berio's search and your imagination finally came together.

Devis Venturelli: That's it. There was an immediate spontaneous association between Berio’s music and a voice coming from the forms inspiring my work. My research on architectural spaces, whose dimension is described by a form free of preconceived ideas, has been enriched with a sound that is complementary to the performance. Pleats, drapes, kaleidoscopic and metallic languages reveal their nature of sound generators, in the synchronic correspondence between acoustic composition and free choreographic improvisation. In Thema, sharp futuristic sculptures associate their spontaneous aerodynamic to a resounding breath, whereas in Perspective light goes along with the electronic suggestions, creating designs out of sequins’ shine. In Visage, instead, organic visceral prehistoric bodies give life to a sort of dance theater of the voice. All this conceptual world, which has always inspired my work, has been translated into a specific narrative layering. It’s like my visionary repertoire migrated, in order to populate a universe of sounds, where it is particularly at ease.

FC Hence we may infer that from your projects about the disguise of street furniture, to Continuum and Superfici fonetiche, up to the latest works about the city, like Eterotopia and Bon Ton Town, performances set in a specific space come back, through the symbol materials provided by the great semantic basin of fashion and contemporary cultural anthropology.

DV My attraction for the glamour of fashion and for the luxury revamping of materials provided from buildings definitely interacted with the interpretation of the work of Luciano Berio, with whom - as you suggested – I share a kinetic connotation of the artistic dimension. The sixth sense of movement inspired similarities with Berio’s compositions. My version of Visage underlines the inscrutable language of onomatopoeias through natural animal camouflage of different shapes and colors, transcending the concept of dress in order to expound a visceral and ancestral form of the body. For this occasion, I created costumes for the performers using old leather, vintage furs and ornamental feathers. Like in Continuum and in Superfici fonetiche, I used insulating materials made for the construction industry. It gave me the chance to take advantage of the silvery glow of a mirage, and of the persuasive seduction of a material that wraps hovering in the air, just like a stream of consciousness that reminds me of Joyce, to whom Thema is dedicated. For Moments, instead, I was very influenced by the desire of deconstructing the dress, working on the anthropological idea of body in contemporary societies. The dress, which usually stands for convention and for its aesthetic appearance, is compromised in its primary function and social value. The electro-acoustic sound of Berio’s sequences triggers a domino effect that totally distorts clothes in a wardrobe, exorcising the physical dimension of the human body. Belts electrify in tribal dances, ties creep in compact formations, hats and gloves pirouette, shoes precipitate and, in the end, gray suits turn into the divertissement of a crazy Baroque fountain.

FC The creative and generative aspect of form, which becomes an expression of sound through its unpredictable movement, calls to mind the concept of urban ecstasy, which is the real foundation of your artistic research. In this project, architecture is the comparator, it's the scenario in which temporary and nomadic performances take place and, in this specific case, resonate.

DV Yes, architecture continues to be my reference appellant, as a normative, inflexible, rigid and final structure. Even in the confrontation with Luciano Berio’s compositions, I questioned myself about this relationship. I tried to rethink the themes of architecture, imagining them as amplifiers of the contrast between free sounds and rational schemes of control. Chants parallèles is indicative of this dualism. Urban and infrastructural non-places are contaminated with color strips that act as de-structuring filters in the representation of sound frequencies, altering the alienating atmosphere of the space. The walking city, instead, reappears in Thema, assuming the character of a great theatrical backdrop in which the voice resonates and spreads out. Finally, Perspective is a veritable building archive, where the project stands, inflexible and inexorable, in a quote that identifies an uninterrupted skyline between the architecture of the economic boom and the contemporary urban plans.

FC In conclusion, the Portrait of the city that Berio, together with Bruno Maderna, experienced for aradio representation in the Fifties finds its raison d'etre in being assimilated to the electronic sounds evoked by the urban world, like in your artistic productions. Along with the consonance with Luciano Berio's world of music, it is unexpectedly possible to discover a foray into nature and into new, starting projects.

DV Approaching Berio was really challenging and surprising. In particular, interpreting a-ronne was stimulating, almost a micro-film stuck into the whole project. The polyphony of a-ronne allowed me to experiment with new forms of language, exploring a topic as interesting as that of the landscape and nature. In a-ronne, Berio wonders whether the vocal articulation is meaning. In this work, the varied use of voice, from a single letter to the singing, refers to interchangeability between polysemy and polyphony. Berio himself calls it a “documentary about a poem by Edoardo Sanguineti”, a text intersecting quotations from the Gospel, Eliott, Dante and Marx that becomes a generator of multiple vocal situations, cyclically re-read according to various sound grammars. Complying with this structure of the composition, I decided to use an object repertory in an environment of biodiversity. My a-ronne is a great journey in varied natural landscapes, chosen from the Alps to the sea for their intrinsic wild peculiarity. Landscapes of objects taken from everyday life overlap in the natural and environmental context. They express a thought, a inner relationship, although in reality they belong to unrelated semantics. The voice, in this case, is unifying and crucial to every single element. As artificial as the recited words, they settle and sediment in the more spontaneous nature, providing new semantic fields to reality. This work opened up new perspectives of investigation that I will have to deepen and develop in an upcoming project.