Peter Weiermair, Devis Venturelli in Premio Agenore Fabbri IV – Posizioni attuali dell’arte italiana, VAF, Silvana Editoriale, Cinisello B.mo (Milano) 2010

 

Devis Venturelli è un artista ed architetto ma si è fato conoscere in Italia e all’Estero soprattutto per i suoi video, per i quali ha ricevuto diversi riconoscimenti. Il continuum nel suo lavoro è rappresentato da una forma suggestiva e a volte lapidaria di poesia, una poesia non contaminata da uno spirito prevalentemente cinico, come quello che si riscontra in alcune espressioni artistiche contemporanee – per esempio nelle opere di Maurizio Cattelan – ma segnata sa un umorismo divenuto ormai raro, affine a quello dei fratelli Marx, di Charlie Chaplin o di Jacques Tati. Questi ultimi due artisti sono autori di film nei quali formulano parabole atte a rappresentare le tendenze all’alienazione tipiche del mondo moderno e nei quali prendono di mira con il loro scetticismo la fede nel progresso non meno che l’entusiasmo per la tecnica.
Anche Venturelli si occupa di questi temi, e lo fa inserendo in una messa in scena piena di ironia gli accessori standardizzati del moderno arredo urbano, vale a dire coperchi di tombini, bitte, cestini per i rifiuti, cassonetti  della spazzatura ecc. Egli approccia questi oggetti uniformati, in sé del tutto inespressivi , con fantasiosa eccentricità e satirico senso dell’umorismo, trasformandoli di colpo negli interpreti di una farsa in chiave pubblica. Venturelli maschera questi banali monumenti all’ordine collettivo, specchio dell’ordinaria mentalità amministrativa, in una maniera così curiosa che essi perdono il loro carattere anonimo e si trasformano in una sorta di personaggi sovversivi dall’aspetto assai originale. L’artista ottiene tale sorprendente metamorfosi, che suscita allegria nell’osservatore, rivestendo questi oggetti d’uso comune di abiti femminili variopinti o addobbandoli con grottesche parrucche. Il vento gioca in questa pantomima un ruolo decisivo. Mettendo in movimento le vesti e i capelli, facendoli quasi danzare, esso ravviva ulteriormente il quadro generale. L’artista tiene abilmente conto di questo elemento, come per esempio nel lavoro in cui fa sventolare delle ciocche di capelli fuori dalla grata di un tombino, immagine che suggerisce un’inquietante, spaventevole vita sotterranea.
Le fotografie di Devis Venturelli sono un derivato dei suoi video, i quali sono spesso preceduti da performance e installazioni nello spazio pubblico, o meglio vengono realizzate parallelamente ad esse.
Gli eroi dei suoi brevi video – ma per lo più ne è lui stesso protagonista – sono di norma vittime delle circostanze esteriori, per esempio del vento o delle condizioni atmosferiche in generale, e contemporaneamente sono delle entità invisibili che vengono sospinte in aree di banalità urbana. Il vero protagonista è il vento, che entra in azione in questo stato di cose in maniera variabile e incontrollata e riveste anche una funzione motrice e cinetica.
Nei complessi video di Venturelli, che presentano diversi piani semantici, si possono rivenire di volta in volta svariate componenti all’interno dei singoli progetti artistici , componenti che racchiudono in sé sia elementi costruttivistici che narrativi. Non di rado i suoi  lavori rimandano a modelli che ricordano il dinamismo futurista o i paradossi e i metodi di straniamento cui ci hanno abituato movimenti che risalgono agli albori della contemporaneità, quali il Dadaismo e i Surrealismo. Ma anche l’Arte Cinetica italiana degli anni Sessanta potrebbe costituire per l’artista un punto di riferimento. E del resto non manca ai suoi lavori una chiara articolazione critica che risente in larga misura dell’influenza dei dibattiti sulla crescente inabitabilità delle città – fenomeno intensificatosi a partire dagli anni Settanta – ma anche della protesta contro l’uniformità dell’ambiente costruito, uniformità che si sta imponendo a livello internazionale e che, soprattutto nelle architetture dei quartieri residenziali delle città, smorte e spersonalizzate, sta diventando un problema umano, sociale e psicologico. (© 2010, Peter Weiermair)